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Mamme scandolo 2013

Alescanca

Cara Francesca,

é ormai notte, ma sono molti giorni che vorrei scriverti e non trovo mai un attimo. Siamo tornati dalle vacanze lunedì. Siamo stati benissimo. Pensa, siamo riusciti a giocare a ping pong sulla spiaggia e, addirittura, a farci un super aperitivo nonostante le tre pesti a carico. Comunque al mare c’eravamo solo noi e i tedeschi, ormai ci siamo tedeschizzati, come dici sempre tu 😉

Ti ho pensata un sacco. Qui da noi a Friburgo é normale avere tre figli, ma mi rendo conto che a Roma siete un eccezione. In quei pochi giorni al mare mi hanno fermato per strada diverse volte commentando il numero dei figli: “Ma non mi dica che sono tutti suoi?..e ma adesso basta però perché per tirarli su non é facile!”. Addirittura al summercato (come dice Maria) hanno commentato e non ti dico la panettiera che stava per svenire sulla focaccia genovese quando oltre al passeggino con Samuelino, si avvicinano Chiara e Maria che con voce alta dicevano: “Mamma! mamma! compriamo pure la pizza! E il pesto!”. Capisco che per te a Roma non dev’essere da meno con una monella a destra, un monellino a sinistra e uno nella pancia.

Ho passato molti anni a sentirmi meno, quasi umiliata dalle battute e dagli sguardi della gente; quasi fossi in torto di qualcosa per aver scelto la gioia prima di tutto. Lo capisco bene che parlare di famiglia oggi é davvero essere alternativi, figuriamoci se poi fai davvero sul serio, se te ne prendi cura e investi tutte le tue risorse lí. Giá me lo immagino il tuo capo che, senza neanche guardarti negli occhi, con il capo chino sui suoi progetti ti fa la classica battutina tagliente (e io aggiungo pure vuota) fra capo-e-collo con nel mezzo il senso di colpa della responsabilità di quel progetto che stavi facendo. Non penso che lui non abbia ragione e capisco anche che in fondo, sebbene sei felice della vita che é in te, ti lasci un po’ prendere da quel senso di colpa sottile sottile che si insinua nei discorsi fra te e Luca. Guarda, non ne vale proprio la pena! Alla bellezza di un figlio non c’é progetto che resiste. E poi, capisco i vostri grandi progetti, le ristrutturazioni, e tutto il resto, bellissimo e fantastico, ma non state salvando il mondo, quindi per un annetto di pausa non muore nessuno.

Sono sincera. A volte me lo chiedo. Soprattutto in giorni come oggi in cui mi hanno spostato un esame, ho litigato con Francesco per un biglietto aereo, ho la casa che é un disastro (se entri in bagno e non hai l’antitetanica te la rischi!), non sapevo dove trovare il tempo per studiare e Chiara ha vomitato quattro volte. Ma a noi di diventare mogli e madri chi ce la fa fare? Ma chi ce la fa fare di cambiare pannolini a cicli ininterrotti, di stendere lavatrici dai calzini microscopici, di fare le tassinare fra asilo-danza-amichetta? Per non parlare di preparare la cena mentre imbocchi uno e metti il pigiamino all’altro con tuo marito che la prima frase che dice quando torna a casa é: “Io sono stanco! Non faccio niente stasera. É pronta la cena?”.

Io una risposta ce l’avrei. O il mondo é pieno di scemi o forse la risposta non ce l’ho solo io. La risposta é sempre una ed é sempre la stessa e, come diceva Quelo, “é dentro di te”. La risposta é la gioia. La risposta é la bellezza. La risposta é Gesù Cristo. Perché se non ti spendi per qualcosa per cui valga la pena, che campi a fa? Se non dai la tua vita per qualcun altro, che campi a fa? Allora noi che siamo sposate, se pensiamo alla carriera, alla casa figa, alle vacanze nei posti fighi e poi per fare tutto questo ci dimentichiamo dei quei cinque minuti col maritino in cui ci guardiamo negli occhi, di quei momenti in cui guardiamo per la milionesima volta Cenerentola accucciolati sul divano addosso alla mamma, ma che campamo a fa pure noi? Guarda, soprattutto oggi, sono davvero distrutta, ma in fondo mi sento davvero piena. So già che mi bocceranno all’esame di statistica per aver costruito facce di Hello Kitty (che odio profondamente!) con le perline, ma lí era il mio posto oggi.

Comunque siete grandi! Ci vuole coraggio nella vostra situazione di precari a tempo indeterminato a mettere al mondo il terzo cucciolo. E bravi!

Fra qualche giorno scendo a Roma per gli esami e ti chiamo, magari ci facciamo una seratina delle nostre.

ti mando un sorriso e un abbraccio Ale

P.S. C’é stato però uno che mi ha incoraggiata: un pakistano sulla cinquantina che vendeva collanine sulla spiaggia. Era sposato con una cinese e aveva quattro figli sparsi per il mondo. Io gli raccontavo che ci piace avere una famiglia grande, ma che soldi non ce sono tanti, anzi, che fra un anno siamo senza lavoro; ma lui, con un fare saggio e risoluto: “Tu fare bambino, Dio dare a te lavoro! Dio non lasciare te in difficoltà. Dio guarda che tu hai fatto bambino. Tu fai e poi vedi!”