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L'elogio della fragilità (…e come essere felici)

Ruvido

NOTA: Questo post è stato scritto lunedì scorso nei corridoi dell’ospedale di Potenza. Ho trovato solo oggi il tempo di terminarlo e pubblicarlo. Buona lettura.

Un’altra domenica è passata e un altro tassello è stata aggiunto. Si perché domenica dopo domenica aumenta la nostra comprensione, il cammino procede e ci avviciniamo sempre di più ad una conoscenza più profonda della nostra vita. Una settimana fa abbiamo vissuto la domenica della concretezza, la concretezza della fede: “la tua fede ti ha salvato”. Ieri invece abbiamo vissuto quello che si potrebbe chiamare l’elogio delle sconfitte e delle fragilità come lo ha chiamato Don Giovanni Messuti ad Anglona.

L’elogio della fragilità…

Questa ce la devono proprio spiegare… si perchè sta cosa della fragilità non mi pare sia qualcosa di molto in voga sfogliando le foto su instagram. Anzi, non viviamo forse per dimostrare continuamente a noi stessi e agli altri di essere all’altezza? Non cerchiamo di mascherare i nostri lati peggiori, quelli più fragili e perdenti? Insomma, non mi pare proprio che facciamo a gara ad elogiare le nostre debolezze! Casomai: nascondere, eludere, superare…

Ecco. È proprio lì che la vita ti aspetta al varco.

Il tranello

In fin dei conti ci sono delle cose che diamo proprio per scontate. Anche la scienza le proclama con certezza e la psicologia le conferma. Parliamoci chiaro: per stare bene, per essere felici è necessario che un certo numero di cose seguano il percorso giusto. Magari non tutto, ma le cose importanti devono seguire un certo ordine. Un ordine semplice ma necessario.

Insomma, la salute, il lavoro, incontrare la persona giusta. Io aggiungo anche vivere nel posto giusto (dopo più di 10 anni di Europa, sole e cibo paesano sono beni di primissima necessità per me). Ancora più di questo… i nostri progetti! Quelli ben pensati, ragionati, pregati, magari con un bel discernimento dietro. Qui sta il tranello più infido.

Di fronte ad un progetto ci possono essere due esiti. Il primo è che il progetto non si realizzi. “Mi volevo sposare e invece…”, “volevo avere dei figli e invece…”, “avrei voluto partire e invece…”. Il secondo è quello più subdolo. Il progetto lo realizzi, ti sposi o riesci a raggiungere ciò che desideravi, cavalchi l’onda dei tuoi desideri, vivi il tuo sogno, e poi un bel giorno … crack!

Qualcosa si rompe.

Capiamo che la vita è più grande di quel progetto, che il matrimonio ha portato solitudine, che l’ambizione logora e che quel vuoto dentro rimane. Allora realizzi che inseguire progetti è stata una chimera. E si insinua quel pensiero.

Subdolo.

Incominci a pensare che la felicità non è un vestito pensato per te. Perchè sia che realizzi il sogno, sia che non lo realizzi, sempre infelice rimani.

Questa non è l’ultima parola sulla tua vita

Incominci a pensare che qualcosa è andato storto. Che forse se avessi detto sì in quella o quell’altra occasione… ora non ti ritroveresti così, forse non era questo il sogno, forse era un altro. Ti senti un po’ storpio, sempre con un pezzo mancante. Tante promesse e tutte quelle belle cose che ti sono state dette, ma nella realtà rimani sola.

Prima di andare avanti però, vorrei sottolineare un concetto legato ai fallimenti e agli errori che ripeto sempre

La vita non è una partita a scacchi!

La vita non è una serie di scelte sequenziali correlate, dove l’errore in una mossa te lo porti per tutta la partita. Certo la vita è fatta così: ci sono delle scelte da fare, prendere dei rischi. Negli scacchi una scelta sbagliata o una strategia superficiale ci possono costare come niente una torre o la regina 😱 Il terrore di sbagliare ci paralizza. Ma la realtà delle cose è che la vita (e l’amore) non c’entrano nulla con gli scacchi. Il paragone che calza di più è quello del navigatore. Hai presente quando ti dice svolta a sinistra ma davanti a te ci sono ottocentoquarantasette svolte intrecciate a sinistra e tu non sai dove andare? Ne prendi una (io il 99% delle volte prendo quella sbagliata). Allora lui senza batter ciglio e col suo rinomato spirito di abnegazione ricalcola il percorso. La vita è così, i nostri errori non sono deterrenti, i nostri fallimenti non sono ostacoli insormontabili. Di fronte ad una caduta o ad un errore, Lui (questa volta con la L maiuscola) ricalcola il percorso. Dio ti suggerisce sempre all’orecchio la strada da percorrere, non ti impone nulla ma ti dona gli strumenti, ti fa incontrare le persone giuste… si chiama Provvidenza Divina (leggi il post nel link se non lo hai già fatto!).

Tornando alla domenica della fragilità è interessante leggere come tutte le letture sottolineassero il fallimento e come questo (udite udite) non fosse un impedimento alla felicità. Una felicità vera, piena, indipendente dal buon esito dei progetti: una felicità da Dio. Una dimensione di un altro livello, una dimensione che non è dipendente dal successo, da quanto sei bravo, da se le cose si mettono bene. Robba bona.

Ma per mettere insieme tutti i pezzi, c’è ancora un altro passo da fare.

Le aspettative

Sentirsi amati, vuol dire essere visti, questo lo dice l’esperienza e la psicologia del primo anno. Ma volenti o nolenti, dobbiamo sempre fare i conti con le aspettative che il mondo ha su di te (e tu su di te), a partire dai tuoi genitori, che per tutto il bene che ti vogliono sono persone anche loro, e quindi largamente limitate. Si parte da: mangia amamma, poi: metti la giacca amamma, fino a: studia ammma, trova un buon lavoro amamma, sposati amamma. Rispondere a queste aspettative (è fisiologico) ci fa sentire bene, perchè rispondiamo alle richieste delle persone che più contano per noi. Ci hanno dato la vita, ci hanno dato il “permesso” di esistere, è fisiologico e naturale avere il bisogno di rispondere alle loro aspettative. Ma mentre all’inizio della nostra vita tutto questo rappresenta un percorso utile e costruttivo, al momento di prendere in mano la tua vita, diventa impedimento.

La questione è di vita o di morte!

Cosa vuoi? Rispondere a tutte le aspettative, oppure vuoi essere felice? Le due cose sono incompatibili. La cosa più appassionante della vita in Cristo è proprio questa. Mettere la propria vita sotto le frequenze di Dio, vuol dire abbandonare le aspettative tue e degli altri. Vuol dire basta con i nostri fantasmagorici progetti che ci recano ansia, vuol dire basta lasciarci scoraggiare dai nostri fallimenti. Nella seconda lettura Paolo dice:

Mi vanterò ben volentieri delle mie debolezze 2Cor 12,9

E non me lo immagino affatto dire queste cose in una qualche posa yoga e con flemma zen, ma piuttosto insaguinato e dolorante, acciaccato e stanco, con i vestiti logori e coperto di polvere. Provato dai fallimenti e dalle cose che non vanno, ma sereno. Ma consapevole che quella è la via che Dio ha (ri)calcolato per lui. Consapevole che è la Grazia che salva, non lui o i suoi progetti. Che la cosa più importante è percepire la frequenza di Dio e sintonizzare tutta la propria vita su quel canale. Perchè così tutto il bene della tua vita non verrà attraverso continui appagamenti ma direttamente dalla fonte.

Dio è infinito e nel suo essere infinito copre ogni vuoto, copre tutte le tue mancanze.

La tua missione

A noi viene affidato un compito specifico, apparentemente molto chiaro, ma che viene continuamente offuscato da quello che abbiamo detto prima, e cioè dalla pesantezza del fallimento, dai nostri progetti (spesso camuffati in progetti di Dio) e dalle aspettative degli altri. La nostra missione è quella di accogliere il progetto di Dio nella nostra vita. Il progetto che è stato affidato a me, nella mia. Il tuo progetto nella tua, quello di nonna Pina nella sua di vita!

Ogni progetto è unico!

Hai mai visto un santo uguale all’altro? Dio ci ha fatti unici e fichissimi. Siamo pezzi unici ed inestimabili. Il nostro progetto è unico e inestimabile … e può essere portato a termine solo da noi! Ci sono persone che solo tu puoi amare! L’unico vero fallimento che può realmente avvenire nella tua vita è questo: smettere di cercare il progetto che c’è su di te per parcheggiare la tua vita in una qualche situazione sicura, così almeno non rischi, oppure fare qualche copia/incolla della vita di qualcun’altro. La frase da appenderti in camera è questa:

La tua realizzazione si compie in misura in cui accogli la Grazia di Dio

Punto.

O come ha detto Don Giovanni: La nostra missione non è misurata dai nostri successi, ma dall’accogliere il progetto di Dio nella nostra vita. Non ci sono fallimenti, non ci sono debolezze, tutto viene coperto dalla Grazia (e diventa occasione) se ci mettiamo nelle frequenze di Dio. Quanto più accogli la Grazia, tanto più ti realizzi (tanto più diventi santo).

Solo la Grazia basta. Solo Dio basta. Sposarsi, il lavoro, i figli, sono tutte cose belle ma la realizzazione non dipende dal successo dei tuoi progetti di vita. Tutto i nodi della nostra vita si sciolgono quando smettiamo di sognare progetti belli ed incominciamo seriamente a sognare i progetti di Dio.

Provare per credere.

Buon cammino.